....Ti sei sposato in un
venerdì di giugno nella chiesa verde e grigia del quartiere dove hai imparato
ad usare la moto e a girare gli spinelli. Era mattina, faceva caldo, c’erano
tutti, parenti, amici, conoscenti. Io ovviamente non ero stato invitato. Anche
volendo come avresti potuto?! ero svanito mesi e mesi prima senza
lasciare traccia. Ti ho spiato da lontano attento a non farmi sorprendere. Una
parte di me era convinta che alla fine non lo avresti fatto, che ci
avresti ripensato e invece sei uscito dalla chiesa con quella ragazza sotto
braccio, i capelli lunghi domati dal gel e stretti in un codino, il vestito
gessato, l’espressione felice almeno da lontano, mentre le stringi la vita
proteggendola con il braccio dalla cascata di riso che la folla esagitata e
rumorosa vi lancia contro. Immagino che
al posto del riso ci siano minuscole lance appuntite che dopo essersi
conficcate nella carne esplodono come mine. Il vestito bianco a forma di
meringa della sposa si tinge di rosso vermiglio, sorrido mentre la vedo cadere
a terra, lo sguardo fisso, spaurito, sorpreso. Vedo cadere anche te, mi muori
davanti agli occhi in modo maldestro e non provo nessun dolore solo pace.
Finalmente respiro.
Nessun commento:
Posta un commento