giovedì 19 marzo 2020


....Ti sei sposato in un venerdì di giugno nella chiesa verde e grigia del quartiere dove hai imparato ad usare la moto e a girare gli spinelli. Era mattina, faceva caldo, c’erano tutti, parenti, amici, conoscenti. Io ovviamente non ero stato invitato. Anche volendo come avresti potuto?! ero svanito mesi e mesi prima senza lasciare traccia. Ti ho spiato da lontano attento a non farmi sorprendere. Una parte di me era convinta che alla fine non lo avresti fatto, che  ci avresti ripensato e invece sei uscito dalla chiesa con quella ragazza sotto braccio, i capelli lunghi domati dal gel e stretti in un codino, il vestito gessato, l’espressione felice almeno da lontano, mentre le stringi la vita proteggendola con il braccio dalla cascata di riso che la folla esagitata e rumorosa vi lancia contro.  Immagino che al posto del riso ci siano minuscole lance appuntite che dopo essersi conficcate nella carne esplodono come mine. Il vestito bianco a forma di meringa della sposa si tinge di rosso vermiglio, sorrido mentre la vedo cadere a terra, lo sguardo fisso, spaurito, sorpreso. Vedo cadere anche te, mi muori davanti agli occhi in modo maldestro e non provo nessun dolore solo pace. Finalmente respiro.


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